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Tempo di scuola tra le pareti domestiche

“Noi vogliamo venire a scuola e studiare tra i banchi!”. Capita anche di ricevere messaggi del genere da alunni adolescenti, che in altri tempi avrebbero pagato per un giorno di vacanza. Cosa si può rispondere ad un’adolescente che esprime il suo desiderio di tornare a scuola e di proseguire il percorso iniziato con compagni e docenti? Come spiegare che la scuola è stata chiusa per il bene della collettività, mentre altre attività proseguono regolarmente? L’impresa è ardua. Si deve essere realisti, ma non crudi, e si deve saper trovare un punto medio tra il diritto alla salute ed il diritto all’istruzione e alla libertà. Su tutti, alunni, docenti e famiglie, pesa una situazione epidemiologica drammatica, resa ancor più insostenibile dall’ansia del futuro, dall’incertezza dell’efficacia dei rimedi, dalla paura per la virulenza del male. I ragazzi vogliono esempi, ma anche risposte convincenti e lasciarli soli dietro un video, sicuramente non è una buona soluzione: i genitori a lavorare (se sono abbastanza grandi da poterli lasciare a casa da soli); i fratelli chiusi in stanze adiacenti a fare lezione a distanza anche loro; magari, anche il genitore in smart working… La casa diventa un campo di battaglia per accaparrarsi il tablet, piuttosto che il portatile o per creare le condizioni di tranquillità che in una casa non esistono mai (metti un vicino molesto o i lavori di manutenzione del palazzo accanto o il gatto che salta sulla tastiera…); poi, c’è il problema della connessione debole, del microfono o della videocamera che non funzionano e così avanti per 5-6 ore fino alla fine dell’orario delle lezoioni… E dall’altro lato del pc? L’insegnante: il funambolo improvvisato della rete che deve farsi seguire, stare attento a non far copiare, a non farsi sfuggire qualcuno che, magari, si mette a giocare con il telefonino o sonnecchia; che deve correggere, spiegare, interessare e non stressare, dialogare e confortare, avere la pazienza di rispondere a tutti i messaggini che arrivano a tutte le ore del giorno (qualche volta se ne possono ricevere anche a tarda notte, ma il docente zelante dopo dieci ore di pc stramazza sul letto e ne prende visione solo al risveglio)…..E guai a rifiutare una richiesta di chiarimento! Significherebbe venir meno ai propri doveri di insegnante-tuttofare! Che dire, poi, dei genitori? Da un lato, nella necessità di proseguire la propria attività lavorativa, non potendo supportare opportunamente i propri figli; dall’altro, però, legati al proprio ruolo iperprotettivo (nella maggioranza dei casi) nei confronti dei figli e pronti a lamentarsi sia dei troppi che dei pochi compiti, sia dell’eccessiva severità che del disinteresse di alcuni docenti. Dunque, ecco i volti di questa scuola-non

scuola in cui molti hanno riposto fiducia e speranza! Sarebbe, forse, il caso di chiedersi, però, se sia stata veramente la soluzione migliore o se, cercando meglio e pianificando per tempo, magari si sarebbe potuto organizzare un piano alternativo più efficiente e più efficace. La prima impressione è che si sia pensato alla via più breve e che, nel tempo (neanche troppo lontano), rivelerà una drammatica inefficacia. Cominciamo a chiederci come e se i ragazzi potranno recuperare il tempo perduto, non tanto e non solo per le occasioni formative sfumate, ma anche e soprattutto per le mancate occasioni di sviluppare una socialità consapevole che nasce dall’interazione con i coetanei e con gli educatori, una capacità di dialogo aperto e rispettoso, sicuramente difficile da coltivare nel chiuso della propria stanzetta e dietro ad un monitor. Preoccupazioni esagerate? Ai posteri…!



di Oriana Scampitelli

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