Testimoni gioiosi della Parola
Gesù disse ai suoi discepoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura […] Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano” (Mc 16,15.20). Il kerigma, l’annuncio della Buona notizia che il Signore che era morto è risorto, viaggia sulla bocca di uomini e donne dubbiosi, dal cuore indurito, per nulla perfetti e deve raggiungere ogni creatura al di là di ogni barriera geografica, culturale, sociale, temporale: il vangelo è per tutti, è un annuncio cosmico. Molti errori sono stati fatti in passato nell’evangelizzazione, come il confidare eccessivamente nei mezzi umani, fare proselitismo, rimanere aggrappati alle false sicurezze religiose e culturali. Un seme che poteva germogliare e portare frutti a volte è marcito o si è inaridito. Oggi siamo più consapevoli che il Signore Gesù non chiede a coloro che lo seguono di essere dei soldati, dei militanti ma semplicemente di affidarsi a lui, di vivere con gioia il Vangelo del Regno nel quotidiano, dovunque essi si trovino, di essere testimoni di una proposta che non si impone ma si propaga per attrazione ed invita a vincere la cultura della tristezza, dell’indifferenza, dell’egoismo. Si tratta di dare ragione della speranza che è in noi avendo Cristo nel cuore (cf 1Pt 3,15) e testimoniando la gioia di essere cristiani. Dall’ascolto della Parola scaturisce la fede, fiamma che sempre va alimentata con un ascolto docile, costante, amoroso, che ci assimila sempre più al Signore Gesù. La Parola accolta viene annunciata in molti modi nella Comunità parrocchiale ed ogni cristiano in virtù del battesimo è chiamato da Dio a non trattenere per sé ciò che ha ricevuto. I genitori in modo particolare sono chiamati alla “trasmissione” e all’educazione della fede dei loro figli nella prima cellula ecclesiale che è la famiglia, piccola chiesa domestica. I catechisti poi, svolgono un particolare servizio nella chiesa, poiché sono uomini e donne, scelti dal parroco dopo accurato discernimento, chiamati, formati, per il compito dell’annuncio e dell’evangelizzazione, non solo dei fanciulli ma soprattutto delle famiglie e dei giovani. Evangelizzare è la missione della chiesa, e ieri come oggi essere catechisti è un servizio che richiede una generosa donazione e una solida formazione cristiana. La Parola accolta e annunciata viene celebrata nella Liturgia ogni domenica, piccola pasqua settimanale, durante la quale la Chiesa convocata in unità dallo Spirito Santo rivive il memoriale della morte e risurrezione del Cristo. Gesù ci nutre alla doppia mensa della Parola e del Pane: ci alimentiamo con la Parola contenuta nelle Sante Scritture e con il Pane della Vita e il Vino della Gioia, sostegno non dei perfetti e dei giusti ma di tutti coloro che si sentono bisognosi di perdono, deboli, oppressi e affaticati e desiderano ristorarsi (cf Mt 11,28) per trovare nuovo vigore nel cammino impervio della quotidianità. Non ci si dimentica di quanti giacciono nella sofferenza fisica, psichica e spirituale e attraverso i ministri straordinari della Comunione Gesù raggiunge le case di questi fratelli e sorelle più deboli. Nel corso dell’anno liturgico, dalla prima domenica di Avvento fino alla domenica di Cristo Re dell’universo, con l’ausilio dei simboli, domenica dopo domenica ci immergiamo nel mistero del Signore Gesù, siamo guidati ad una conoscenza sempre più profonda ed intima della sua vita, del suo insegnamento, del suo percorso esistenziale che non si chiude il Venerdì Santo con una pietra tombale ma si apre nel mattino di Pasqua ad una novità assoluta: la vita ha trionfato, la morte non è più l’ultima parola sul destino dell’umanità. La Parola ascoltata, accolta, celebrata viene poi testimoniata e vissuta nella carità fraterna. “Questo è il mio comandamento che vi amiate gli uni gli aItri come io ho amato voi” (Gv 15,12).
Queste parole di Gesù rappresentano il centro del suo messaggio, il suo testamento spirituale durante l’ultima cena. Egli ci indica una via, spesso quella più stretta, più difficile da percorrere: amare e lasciarsi amare, per scoprire il senso pieno della vita ed essere felici. L’essere credenti spinge ad acquisire il pensiero e l’agire di Cristo, nonostante le resistenze dell’uomo vecchio che è in noi e il male che sta accovacciato alla porta del nostro cuore. Ci riconosceranno se apparteniamo a Gesù, se siamo suoi discepoli da come ci ameremo. Nella Comunità ecclesiale si impara a guardare con gli occhi di Cristo, a vedere nell’altro un fratello, ad aprirsi alle necessità degli altri, a donare con generosità, a cogliere le opportunità per fare il bene, ricordando le parole dell’apostolo Giacomo il quale ci ammonisce che la fede senza le opere è morta (cf Gc 2,26).
di Pina Torre
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