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Un’attualità che ci interroga

È vero: del complesso mondo delle masse “non identificate” di persone che manifestano “per” o “contro” qualcosa/qualcuno e di chi o cosa può muoversi all’interno di questi gruppi se n’è parlato, se ne discute ancora oggi e anche noi su questo nostro foglio parrocchiale abbiamo provato a guardare un po’ più da vicino fenomeni del genere. I recenti episodi di protesta, però, verificatisi in alcune grandi città come Roma, Milano o Trieste, sfociati in tafferugli violenti meritano un’attenzione. In queste settimane abbiamo assistito ad una serie di eventi che hanno trasformato il diritto di manifestare - tutelato dalla nostra Costituzione - in un ben più spiacevole spettacolo di guerriglia che non ha risparmiato persone ed edifici e che dà la percezione di un malessere che si concretizza con una certa virulenza e che - bisogna riconoscerlo nella verità - viene anche cavalcato da chi cerca la violenza come “arma” politica.

Le migliaia di persone scese a protestare erano lì - e lo sono ancora - certamente per almeno tre motivi differenti: o perché negazioniste del virus (“notizia creata ad arte per distogliere la popolazione dai problemi reali” cit.), o perché contrarie al vaccino anti-covid al grido di: “non sappiamo cosa ci iniettano!” o comunque perché non favorevoli alle politiche messe in atto - ritenute limitative della propria libertà - per favorire la vaccinazione e tutelare la maggioranza della popolazione che il vaccino lo ha fatto.

Può essere che il comune denominatore di queste posizioni sia la paura ma fermarsi a questo è riduttivo e comunque irrispettoso di chi è lì a protestare e che è lì perché ci crede davvero.

In queste piazze c’è un chiaro indicatore del disagio profondo, dell’incertezza e della sfiducia che in tanti provano e a cui le istituzioni e gli organi costituiti non hanno saputo prestare ascolto e rimedio. A ciò si aggiunge da un lato il dilagare di una cultura individualista, autoreferenziale e centrata su se stessi che dimentica o non riconosce più come un valore il “Noi” superiore all’ “io” e la libertà di una collettività comune e condivisa più grande della libertà personale del singolo (la nostra Repubblica e tutte le moderne democrazie si fondano su queste solide basi) e, dall’altro, il sovraccarico di notizie e informazioni con cui costantemente e velocemente entriamo in contatto diretto attraverso i social o internet ma che non sempre approfondiamo e confrontiamo per testarne la veridicità e l’origine.

Ascoltare, accompagnare, recuperare fiducia, creare spazi di reale confronto, ri-orientare la società verso un rinnovato equilibrio che coniughi il rispetto della libertà personale con l’appartenenza ad una comunità civile sono passi doverosi da compiere - ognuno secondo il proprio ruolo nella società - per non perdere la bussola e per riaffermare la bellezza e la ricchezza del vivere insieme.

Tutto questo riguarda anche noi cristiani battezzati: non possiamo essere ingenui spettatori ma da discepoli di Colui che è “Via, Verità e Vita” e che ci rende membra del Suo Corpo siamo chiamati a prenderci cura, a discernere le informazioni, facendo diventare questo anche un servizio verso i fratelli, e a diffondere quella virtù propria del credente che cerca di non far prevalere le singolarità ma di custodire il più possibile il bene condiviso, offrendo uno sguardo sulla vita e sul mondo - la barca sulla quale tutti indistintamente ci troviamo - più autentico e più largo possibile.


di Gabriele Panarello



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