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Un evangelizzatore Charles de Foucauld

“Io agogno Nazareth”, così scriveva il monaco Charles de Foucauld, prima di abbandonare la Trappa di Akbes in Siria, per immergersi poi nella quotidianità della condizione umana normale, a stretto contatto con i più poveri nel Sahara. De Foucauld era tornato alla fede a 28 anni, dopo una vita disordinata, durante la quale è ufficiale per alcuni anni dell’esercito francese. L’annuncio della canonizzazione di Charles De Foucauld (1858-1916), il prossimo 15 maggio 2022, ha suscitato in tutti quelli che si ispirano alla sua spiritualità o ne conoscono almeno un poco l’altissimo profilo cristiano, grande entusiasmo. In particolare, chi ha avuto la possibilità di conoscere direttamente una fra le tante aggregazioni che si rifanno alla sua esperienza, ne ha tratto la conferma che il carisma di quest’uomo, morto oltre cento anni fa, può rappresentare, soprattutto oggi, quel seme per i tempi difficili che stiamo vivendo, in particolare in occidente, a livello di fede. La diocesi di Messina ha ospitato per oltre dieci anni (dal 1971 al 1982), in una zona rurale di Milazzo, una Fraternità di piccoli fratelli di Gesù che ispirano la loro esistenza a quella di Charles de Foucauld. Recentemente, l’ufficio Migrantes della diocesi messinese, diretto dal diacono Santino Tornesi, ha voluto ricordare questa significativa esperienza che ha toccato il cuore di tanti, non solo locali. Agli intensi ricordi di quel periodo, incentrati in particolare sulla figura di fratel Paolo Collet (rievocati da Gregorio Battaglia dei Carmelitani di Barcellona, Tommaso Mandraffino, fra i primi in diocesi a svolgere il servizio di obiettore di coscienza alternativo al servizio militare, Pippo Insana, Mario Albano, Felice Scalia, Nina Currò che ha curato l’introduzione) si potrebbe aggiungere adesso qualche ulteriore spunto sulla spiritualità di Charles de Foucauld. Una prima sottolineatura, veramente essenziale, è rappresentata dall’intuizione, geniale ed originale, che nella vita di Gesù a Nazareth (30 anni di sostanziale nascondimento) c’è già tutto compreso il mistero dell’incarnazione del Figlio. De Foucauld, nonostante le apparenze, non ha infatti nulla del solitario monaco del deserto. Il suo mondo, scrive Sequeri, appare “sin troppo affollato di relazioni: e fitto di incessante conversazione con il suo popolo adottivo” (i tuareg), “questa continua relazione e conversazione è perfettamente sovrapposta con una totale relazione/conversazione con il suo Signore”. L’immissione profonda della vita contemplativa (finalmente liberata da forme spesso esteriori ed artificiali) nella vita di tutti i giorni, ad imitazione di Gesù a Nazareth, è il messaggio più dirompente che de Foucauld può consegnare agli uomini di oggi, soprattutto ai credenti in cerca di forme autentiche di nuova o, meglio, “diversa” evangelizzazione, fondata sulla testimonianza e la condivisione.


di Dino Calderone



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