Un’opera restaurata - La Madonna dell’Itria
Grazie alle sapienti cure della restauratrice Marianna Saporito, ha ritrovato il suo antico splendore la tela con la Madonna dell’Itria e Santi Cosma e Damiano custodita nella chiesa di Gesù e Maria ed attribuita concordemente al pittore castrense Filippo Jannelli il quale, già nel 1656, dipinse un’opera con lo stesso soggetto per la chiesa conventuale di Sant’Antonino. Jannelli ripropone lo stesso schema con l’aggiunta però dei Santi Cosma e Damiano, posti in primo piano sui due lati della tela ed identificati iconograficamente da una cassetta aperta con unguenti medici posta a terra. Tuttavia, le differenze tra i due lavori non consistono solo nell’iconografia. Infatti, per la presenza di più figure e per le ridotte dimensioni rispetto alla tela conventuale, nel quadro in Gesù e Maria il dato ambientale è ristretto al minimo, con la sola presenza di un massiccio montuoso che s’intravede nello spazio lasciato libero dai due monaci portatori; inoltre l’intonazione luministica, nel “prototipo” più fredda e chiara, adesso si risolve in toni più caldi e chiaroscurati, con tonalità più ricche di colore e sfumature, ben riportate a galla dal sapiente restauro. Le figure dei due Santi medici e quelle dei monaci denotano un piglio realistico coerente ed espressivo ed anche una bella “aura” plastica, mentre le figurine di Maria con il Bambino e dei puttini in volo si mostrano di più piatta realizzazione, con durezze disegnative abbastanza vistose, segno che altre mani hanno portato a termine un lavoro iniziato dal maestro. Il culto della Madonna dell’Itria, o Odigitria, si riferisce alla processione che anticamente si effettuava a Costantinopoli della effige della Madonna con Bambino che la tradizione voleva essere stata dipinta da San Luca. L’icona si trovava nella chiesa detta “delle Guide” a testimonianza di come la Madonna fosse la guida dei cristiani per arrivare a Dio. La variante diffusasi nell’area dello Stretto di Messina si riferisce al ritrovamento di una cassa misteriosa lasciata dal mare sulla riva. Due monaci se la caricarono sulle spalle ma arrivati ad un certo punto del cammino non sapevano più che strada prendere; sentendo un peso enorme gravare sulle loro spalle si voltarono verso la cassa e videro seduta su di essa la Madonna che miracolosamente apparsa indicò ai due portatori la strada da seguire per arrivare alla giusta destinazione. Nella nostra cittadina la peculiare iconografia dell’Odigitria si trova spiegata in ben tre quadri (il terzo si trova nella chiesa della Visitazione a Centineo, opera firmata e datata nel 1601 dal pittore romano Domenico Quagliata, padre del più noto Giovan Battista Quagliata) segno di una diffusione capillare nella nostra zona di quei culti anticamente importati dai monaci “orientali” che seguivano l’esempio monastico di San Basilio Magno. L’opera oggetto del restauro è databile intorno agli anni 1675-1680.
di Andrea Italiano
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