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Una fede senza confiniShahbaz Bhatti, ministro pakistano martire

I Una Terra intrisa di sangue; una Chiesa che “germoglia” e vive grazie al sangue di uomini che hanno dato la loro vita per il Vangelo. Martiri, così li chiamano: testimoni di un Dio che è Amore. Semplici uomini e donne che hanno scelto di rischiare tutto per Lui che è tutto. Sempre gioiosi - malgrado le difficoltà - con quello splendido sorriso stampato sulle labbra, proprio di chi ama. Sì, i martiri muoiono per amore. Tanti. Alle volte, purtroppo, anche troppi ... ma d’altronde si sa: “c’è bisogno che il chicco di grano muoia affinché porti frutto”.

Ed è quello che ha fatto Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze del Pakistan. Semplice uomo, cristiano, con un desiderio: l’uguaglianza e il dialogo tra uomini di fede e culture diverse. Cresciuto in una famiglia profondamente cristiana e grazie agli insegnamenti ricevuti dai suoi genitori, Shahbaz nota sin da subito che, nel paese in cui vive, il Pakistan, qualcosa non va. Vi sono numerose persone in difficoltà e delle profonde ingiustizie ai danni di chi non può difendersi. Tutti coloro che non sono di fede islamica vengono considerati cittadini “di serie B”, anzi... non vengono considerati affatto. Così, sin da subito, il giovane Batthi decide che il suo obbiettivo sarà quello di combattere per i diritti di chi non ha voce. Una scelta molto coraggiosa in un paese come il Pakistan dove cristiani e induisti vengono tutt’oggi perseguitati e non hanno alcun diritto.

Ma Shahbaz, da giovane cristiano, non ha paura. Lotta con la sola arma che possiede: il dialogo. Si da da fare e, nel 1985, fonda la “All Pakistan Minorities Alliance”, un’alleanza formata da uomini appartenenti alle diverse minoranze religiose presenti nel territorio nazionale. Dopo anni di sensibilizzazione e di lotte per avere dei diritti, capì che la tolleranza non poteva nascere dal basso.

C’era bisogno che la politica si facesse carico di queste problematiche, così, spinto dal solo desiderio di aiutare l’altro, Shahbaz intraprende la carriera politica e, nel 2008, viene nominato ministro per le minoranze religiose.

Il ministro Batthi ha solo un desiderio: un Pakistan unito, senza differenze di casta e credo. Si fa ministro di tutti, consapevole che, per servire Gesù, bisogna mettersi al servizio dei più deboli. Ed è ciò che fa! Si impegna con tutte le sue forze per la scarcerazione di Asia Bibi, una ragazza cristiana condannata a morte per blasfemia. Un caso alquanto bizzarro. Asia viene accusata di aver reso impura l’acqua dopo avervi bevuto... tutto solo perché cristiana. Ma lei, dopo una vita piena di discriminazioni, non ne può più ed esclama: “Io penso che su questa cosa Gesù la penserebbe in modo diverso da Maometto”. Bastano queste semplici parole per condannare una ragazza a morte. Eh sì, perché in Pakistan c’è un’assurda legge che autorizza a mettere a morte chiunque offenda Maometto. Ma la cosa più assurda è che questa “legge nera” viene “strumentalizzata” così da far mettere a morte chiunque mi stia antipatico. Quale modo migliore per togliere qualcuno di mezzo se non accusandolo di blasfemia?

E per questa ingiustizia Shahbaz lotta, attirando a se l’odio di molti estremisti islamici. Riceve continue minacce e, nel 2011, viene assassinato... martire per la giustizia, martire per la fede.

Di certo non si può parlare parlare di “fede” davanti agli estremismi religiosi. Sono un male, un cancro presente che va combattuto ed estirpato non con guerre, ma con l’unica arma che nessuno potrà mai toglierci: l’amore! Si, quell’amore rivolto all’altro che non mancò al ministro Shahbaz Bhatti! L’odio va combattuto con l’amore. Gli estremisti, uccidendo Shahbaz, volevano spegnere le fiamme dell’amore e della speranza, cosicché l’idea di un paese diverso, migliorato, cessasse. Ma non avevano messo in conto una cosa importante riguardo le fiamme: non si spengono facilmente e si propagano dappertutto... un po’ come le idee.

E quel fuoco continua ad essere alimentato oggi, grazie ad uomini come Shahbaz che, giorno dopo giorno, rischiano la propria vita, come i martiri, per la pace.

di Louis Manuguerra



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