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Vecchiaia: tempo di lode

Per la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, celebrata lo scorso luglio, Papa Francesco ha scelto il tema: “Nella vecchiaia daranno ancora frutti" (Sal 92,15), per sottolineare come i nonni e gli anziani siamo un valore e un dono sia per la società che per la Chiesa. Anche papa Francesco come me è un “nonno”, un uomo anziano che sperimenta giornalmente la debolezza e la fragilità che l’avanzare degli anni inesorabilmente portano con sé. A partire da febbraio nelle sue catechesi del mercoledì con grande sensibilità ci ha aiutato a riflettere sul senso e sul valore della vecchiaia e servendosi dell’esperienza di alcuni personaggi avanti negli anni di cui si parla nella Sacra Scrittura e che hanno detto il loro “eccomi” a Dio, ha fatto capire che anche se persona fragile l’anziano è un testimone capace di trasmettere alle nuove generazioni il valore della fede. Nella società attuale, nella quale prevale la cultura dello scarto, l’esaltazione della bellezza, della produttività, della giovinezza, l’anzianità è vista come un peso e non più come risorsa e non sempre c’è quell’attenzione, quella cura che permette di restituire ai vecchi l’amore che hanno donato. La vecchiaia indebolisce ed anche io sperimento che “la malattia pesa sull’anziano, in modo diverso e nuovo rispetto a quando si è giovani o adulti. È come un colpo duro che si abbatte su un tempo già difficile”. Condivido queste parole del pontefice e il suo invito all’intera società ad affrettarsi a prendersi cura dei suoi vecchi, sempre più numerosi, spesso anche abbandonati. La vecchiaia è il tempo del congedo ma anche il tempo del ringraziamento, della lode. In questa ultima età della mia vita, segnata dalla malattia, dalla solitudine, dal non potersi muovere, dalla dipendenza dagli altri (familiari ed estranei) ho avuto la grazia di riflettere a lungo e di ripercorrere e rivivere con la memoria tutte le cose belle che il Signore mi ha concesso di fare. Ricordo le mie giornate a scuola a gioire della gioia con cui i miei alunni frequentavano le lezioni nelle quali applicavo metodi innovativi. Rivedo i tanti luoghi dove sono andata ad annunciare la Parola come propagandista di Azione Cattolica alle giovani e i volti delle persone che ho incontrato nel mio servizio di catechista nella mia amata parrocchia. Accolgo e vivo questo tempo con la consapevolezza che devo lasciare e più volte mi sono chiesta: “Perché sono ancora qua? Questo tempo è peso o grazia?” La vecchiaia comporta infatti tante difficoltà e tante perdite: l’udito, la vista, l’energia fisica e mentale, il movimento ma soprattutto la perdita di tante persone a te care, amate. “Cu campa vecchiu si fa” dicevano i nostri avi e zia Caterina di cui mi sono presa cura, era solita dire: “Vecchiaia maledetta sei da tutti disprezzata”. Non posso dire di essere contenta di essere vecchia, ma mi piace pensare che nella vecchiaia sono vegeta e rigogliosa e posso ancora dare frutti (cfr salmo 92,15). Esercito maggiormente in questo periodo il magistero dell’accoglienza e dell’ascolto. Questa paziente disponibilità ad ascoltare mi permette di sentirmi parte attiva in questo mondo, presenza utile in particolare nella vita della mia famiglia e in quella comunitaria della mia parrocchia. Ho amato la parrocchia e mi sento sempre dentro di essa, anche se adesso in modo diverso. Amo tanto anche leggere ma con il dono della vista che mi sta abbandonando tutto è più complicato. Quando la tristezza è maggiore mi ritrovo ad elencare le cose che non ho più ma poi riflettendo meglio dico a me stessa: “Giuseppina, ma ti rendi conto di quanto hai ancora?” ed effettivamente ho tante cose che altri anziani purtroppo non hanno più: delle persone che mi vogliono bene, una casa, una certa autonomia nella cura del mio corpo, dei miei bisogni essenziali, la capacità di adattamento ai tempi che cambiano, una certa curiosità per l’innovazione e la tecnologia. Ho imparato ad usare i cellulari moderni che mi permettono di leggere con più facilità grazie alla luminosità dello schermo e alla possibilità di ingrandire i caratteri. Il mio libro di preghiera e la mia Bibbia adesso è il cellulare. Anche l’uso ponderato di FB e Whatsapp mi permette di interagire con familiari e con tanti amici giovani e meno giovani, di condividere post, foto, immagini, pensieri ed aforismi, insomma di sentirmi viva e di poter lodare Dio per tutto questo. Condivido totalmente il pensiero del papa quando afferma che noi anziani siamo radici da custodire ed è fondamentale lo scambio generazionale. Senza memoria non ci può essere futuro: vale anche nella trasmissione della fede. Invito, perciò, le famiglie e la comunità parrocchiale, nella loro quotidianità, a mettersi in ascolto degli anziani, dei loro bisogni, ma anche di ciò che essi hanno ancora da donare.


di Giuseppina Grasso



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