top of page

Francescani dell’Immacolata a Barcellona Pozzo di Gotto - Una nuova presenza


​Il 13 settembre 2015 una nuova comunità religiosa si è insediata a Barcellona P.G.: i Frati Francescani dell’Immacolata. Cerchiamo di scoprirne la vocazione e missione attraverso Padre Alfonso Maria Bruno. Benvenuti a Barcellona Pozzo di Gotto! Siamo sorpresi nel sentirci salutare con “Ave Maria”! “Maria” era il modo con il quale San Massimiliano Maria Kolbe - al quale ci ispiriamo - salutava i confratelli all’interno delle cosiddette “Città dell’Immacolata” da lui fondate in Polonia e in Giappone. Quando si dice “Ave Maria” si rievoca il mistero dell’Annunciazione e con esso il centro della storia che è l’Incarnazione del Verbo. E’ sempre bello, poi, riconoscere in ogni persona l’inabitazione dello Spirito Santo.Qual è la specificità del vostro carisma all’interno del grande movimento francescano? Professiamo la Regola Bollata dei tre Ordini storici francescani e cioè i Minori, i Conventuali e i Cappuccini pur distinguendoci per la dimensione mariana più accentuata in virtù di un Quarto Voto, quello di “consacrazione illimitata all’Immacolata”. Si tratta sempre di una novità introdotta da San Massimiliano Maria Kolbe per la quale il religioso deve imitare la Madonna nella dimensione dell’essere e dell’agire. Questo significa vivere i voti “alla luce dell’Immacolata” e come Lei donare Cristo al mondo attraverso la tensione missionaria che ci è propria e che fa della nostra famiglia religiosa un istituto essenzialmente missionario, anche in senso tecnico, rivolto cioè alla missione cosiddetta ad gentes, in territori anche di prima evangelizzazione.

Quale missione specifica avrà la sua comunità nella nostra città?

Abbiamo rilevato gli impegni apostolico e pastorali dei Padri Venturini che dopo decenni di benemerito servizio lasciano la Sicilia. E’ nostra intenzione perpetuare e sviluppare la vocazione della casa di accoglienza e di spiritualità di Calderà che abbiamo ribattezzato “Santa Maria del Cenacolo” come segno di novità nella continuità. La nostra porta, come direbbe Papa Francesco, è sempre aperta. Abbiamo altresì assunto la guida della Parrocchia di San Rocco dove ho avuto già modo di sperimentare lo spessore umano e spirituale dei fedeli che la compongono. La nostra casa religiosa, inoltre, è stata eretta canonicamente anche come centro di formazione alla vita religiosa con l’accoglienza e il discernimento vocazionale dei postulanti e cioè dei giovani che, desiderosi di consacrarsi a Dio nella vita francescana e mariana, muovono i primi loro passi in una determinata comunità. Poiché la nostra forma specifica di apostolato, all’interno della tradizione francescana di predicazione popolare, è l’impiego dei mezzi di comunicazione sociale, speriamo di poter anche adoperarci in questo senso attivandoci, per cominciare, con l’attività di cineforum che contempera l’aspetto ludico a quello culturale e formativo da un punto di vista cristiano e umano. Abbiamo saputo che lei ha alle spalle una lunga esperienza missionaria. Dove è stato e cosa ha fatto specificamente?

Sono partito giovanissimo per il Brasile, dove ho completato la mia formazione teologica. Se il mio sangue è italiano, scherzando posso dire che il mio spirito ha qualcosa di latinoamericano poiché sono stato ordinato diacono e sacerdote da un vescovo brasiliano di cui conservo uno splendido ricordo. Ho trascorso laggiù quattro anni come animatore vocazionale e redattore di una rivista religiosa. Sono poi rimasto in Benin (Africa Occidentale) per dodici anni come direttore della radio cattolica nazionale e rettore del santuario mariano diocesano di Allada. Rientrato a Roma nel 2007 ho perfezionato gli studi accademici e ho continuato la mia connaturale attività mediatica e missionaria come giornalista vaticanista accompagnando l’attività e i viaggi di Benedetto XVI e di Papa Francesco.

La sua interessante esperienza, che influenza avrà sulla conduzione della Parrocchia di S. Rocco in Calderà?

Ho imparato tantissimo dalle giovani e dinamiche comunità ecclesiali del Brasile e dell’Africa nonché dall’ambiente della sala stampa della Santa Sede. Vengo a Calderà con l’entusiasmo di una nuova esperienza senza risparmiarmi in tempo ed energie, facendomi “tutto a tutti” come dice quel grande e vero missionario che fu San Paolo di Tarso. Contando sulla preghiera e l’aiuto dei miei parrocchiani sono sicuro che insieme potremo fare un percorso di crescita nella fede capace di tradursi nelle opere di misericordia corporale e spirituale.

Sappiamo dalle notizie ecclesiali che il vostro istituto religioso è attualmente commissariato da parte della s. Sede. Come mai aprire una casa in Sicilia proprio in questo momento?

Le crisi di crescita sono una costante nella vita dei singoli, delle famiglie, dei gruppi e delle istituzioni. Siamo nati appena nel 1990 pur contando già 350 frati presenti in vari Paesi del mondo. Il commissariamento per come ha avuto luogo e per come si sta concludendo prova il raggiungimento di una certa maturità capace di rilevare quanto ci sia da correggere nell’esercizio del governo, della formazione, dell’apostolato e dell’amministrazione. Poiché dietro ogni crisi c’è sempre un’opportunità di crescita, aprire una casa in una regione per noi nuova, significa un atto di fede nella Provvidenza. Si lancia in questo modo il seme di una futura fioritura e fruttificazione a beneficio della nostra famiglia religiosa e della Chiesa che ci accoglie e che ci manifesta premura e fiducia: nella sua dimensione universale, con un interesse personale e un incoraggiamento che il Santo Padre Francesco ci ha più volte testimoniato e nella sua dimensione locale con l’invito canonico dell’Arcivescovo di Messina che ha creduto nel progetto che ci ha condotto in mezzo a voi grazie anche alla mediazione del parroco del Duomo, padre Tindaro Iannello e del barcellonese Filippo la Rosa, un medico militare col quale abbiamo cooperato in un progetto umanitario in Africa.


bottom of page