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Tra luci e ombre A cento anni dalla Rivoluzione Russa

In questo mese di Ottobre il pendolo della storia europea e mondiale segna un momento che di certo non si può non definire come epocale: il centenario della Rivoluzione Russa. Nell’Ottobre del 1917, infatti, venne portata a compimento l’impresa incominciata nel Febbraio del ’17 e che portò al rovesciamento della monarchia Zarista. Da quella sollevazione di popolo – stremato dalla fame e dalla guerra – sorsero in tutta la Russia grandi organizzazioni di massa detti “soviet” che si basavano sulla diretta partecipazione e il diretto coinvolgimento di operai e contadini e che rappresentarono, almeno in una prima fase, il vero punto di forza di tutta la vicenda bolscevica. Etichettare oggi, in una società post-ideologica, gli eventi appena descritti semplicemente come un Colpo di Stato non rende l’idea di quello che la Rivoluzione ha rappresentato e prodotto, con le sue luci e le sue tante ombre, per buona parte del Novecento.

L’idea di Lenin, capo della rivoluzione rossa, era in fondo quella di una società in cui la maggioranza, a partire dai lavoratori, potesse decidere sul serio cosa, come e per chi produrre in relazione ai bisogni di tutti e non al cieco profitto di pochi. Un sistema economico che, capovolgendo il segno del capitalismo, mettesse al servizio della società le innumerevoli potenzialità scientifiche e tecniche: una ideologia, quella prospettata, che ponesse al centro i diritti, fino ad allora, negati e/o cancellati, prima causa delle enormi disuguaglianze sociali che affliggevano il Paese, un sommovimento dal basso, perciò, capace di creare un sistema politico- economico totalmente alternativo e che in nessuna parte del mondo era mai stato realizzato. Alla luce di quanto detto non appare un’esagerazione affermare quello che diversi storici hanno sostenuto e cioè che la Rivoluzione ha rappresentato, sconvolgendo il mondo, un vero e proprio “spartiacque della storia”: il rovesciamento del potere zarista e, poi, l’avallamento economico, politico e militare dell’Unione Sovietica aprirono un varco a imponenti processi di emancipazione con la nascita di movimenti anticoloniali in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente e dalle spinte della rivoluzione, e forse per scongiurarne il pericolo, oltre che dal boom economico post-bellico, si ereditarono in Europa e in tutto l’Occidente grandi conquiste e riforme in materia sociale con la creazione del c.d. Welfare State.

Ciò che però condannò le idee originarie della rivoluzione, in una Russia comunque arretrata culturalmente e politicamente, fu la sua degenerazione totalitaria di cui Stalin e lo stalinismo, con tutto ciò che ne seguì, ne furono l’espressione. La soppressione della democrazia nel partito, nei soviet e nei sindacati, l’uso della tortura, l’eliminazione degli oppositori, lo sterminio di centinaia di migliaia di persone, la negazione di Dio e della religione con una vera e propria persecuzione dei cristiani rappresentarono, insieme ad altri fattori, una controrivoluzione capace di distruggere tutte le conquiste politiche fino a quel momento ottenute.

Come di tutti i grandi eventi della storia anche della Rivoluzione Russa, nonostante la dittatura criminale di Stalin, non si può però cancellare il grande valore storico. Anzi proprio oggi, con il perdurare di una grande crisi che pare investire la società mondiale di una lenta e inesorabile regressione culturale e sociale, sarebbe auspicabile guardare alla Rivoluzione del ‘17, alle sue cause, alle sue conseguenze per trarne i giusti insegnamenti in prospettiva di una quanto mai necessaria nuova e pacifica emancipazione sociale.


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