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Giovani resi invisibili

In questi giorni il pensiero vaga ovunque. Stavo pensando ai giovani… a quell’oratorio chiuso che, senza di essi, non è altro che un semplice edificio; a quella scuola che senza i suoi alunni non è nulla. Tutto senza i ragazzi non ha poi tanto valore. Essi riescono a farci respirare un qualcosa che spesso manca: la gioia. I giovani… che dono veramente grande che sono. Spesso, ahimè, non presi in considerazione, perché definiti superficiali. Per qualcuno non riescono a comprendere ciò che la vita ci mette davanti. Come se non riuscissero a capire nulla della vita. Non è assolutamente così, anzi, spesso dovremmo imparare a “vivere” da loro. Come ben sappiamo, l’Italia (ma anche buona parte del mondo), in questi ultimi mesi non ha proprio vissuto dei periodi molto semplici.

Abbiamo dovuto imparare a convivere con un minuscolo virus che ci ha costretti a trascorrere le nostre giornate tra quattro mura. Tutto ha subito un blocco: cinema, parchi, musei, scuole, oratori e luoghi di aggregazione vari …tutto chiuso. Da un momento all’altro siamo stati costretti a non poter più vedere parenti, amici. I telegiornali non hanno fatto altro che parlare sempre e soltanto di virus, morti e effetti che la pandemia avrebbe avuto sulla borsa e sulle imprese. Ma i giovani, che fine hanno fatto? A chi importa dei giovani? A chi interessano i ragazzi e le ragazze che tra qualche anno saranno gli uomini e le donne di domani? Le difficoltà, in questi mesi, le hanno avute anche i giovani. Siamo stati catapultati in un mondo nuovo, monotono e, a volte, anche un po’ “claustro-fobico”. Noi, abituati a feste, giochi, divertimento con gli amici, adesso eravamo relegati all’interno delle mura domestiche. Tutto ha subito un cambiamento. Anche il mondo della scuola non è più lo stesso. Tutto viene fatto attraverso uno schermo: spiegazioni, interrogazioni. Chissà come si sono sentiti i ragazzi in questo periodo, quali sensazioni hanno caratterizzato le loro giornate, cosa gli è mancato e cosa hanno riscoperto. Per rispondere a queste domande ho chiesto aiuto a due ragazzi della nostra parrocchia: Giulia Randazzo e Roberto Nania, che ringrazio ancora perché mi hanno dato delle belle risposte che sono arrivate dritte al cuore. Si, perché ai ragazzi bisogna dare fiducia. A volte pur essendo piccoli anagraficamente, hanno dei cuori veramente grandi e un modo di vedere e vivere la vita davvero unico. La cosa che più gli è mancata, come mi diceva Giulia, è la normalità, la libertà, il poter frequentare i propri cari. Anche a noi, “generazione digitale”, non è bastato un semplice smartphone per chiamare gli amici. La cosa che più manca a questi ragazzi è proprio il rapporto umano: il poter parlare con i propri amici senza barriere, abbracciandoli e vivendo pienamente ogni singola emozione. Ma comunque… “non tutti i mali vengono per nuocere”. Quando ho chiesto a Roberto cosa egli avesse riscoperto, mi ha dato una risposta veramente molto bella: “l’affetto della mia famiglia, si, il triplo di ciò che pensavo.”

Vedete, i ragazzi spesso sono dei maestri di vita. Sfruttano un dono molto particolare: guardano le cose con il cuore… e si, perché “l’essenziale è invisibile agli occhi”.

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