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Stessa fede Una pluralità di espressioni del credere

È soprattutto negli Atti degli Apostoli che troviamo narrata la diffusione del Vangelo, a partire da Gerusalemme, dalla Giudea e dalla Samaria, fino alle regioni della Siria e dell'Asia Minore, e di là alla Grecia, per terminare a Roma. La missione di far percorrere questo itinerario al Vangelo è raccontato nei primi dodici capitoli degli Atti ed è affidata a Pietro. A partire dal capitolo tredici, il compito della predicazione è affidato principalmente a San Paolo, che allarga i confini della sua missione inizialmente ai giudei della diaspora e successivamente anche ai pagani. È grazie a Paolo che avvennero l'incontro-scontro e la sintesi tra la cultura ebraica ed il pensiero greco-romano facilitato anche dalla dispersione dei giudeo-cristiani fuori dall'ambiente giudaico-palestinese che fece sì che l'annuncio evangelico si diffondesse anche tra i non ebrei. Da ciò emerse la necessità dell'adattamento del Vangelo alla mentalità ed alla cultura degli ascoltatori. È la 'transculturazione' del messaggio evangelico, a renderlo cioè comprensibile a culture diverse senza tradirlo o mutilarlo. La progressiva coesistenza di giudeo-cristiani e di cristiani provenienti dal paganesimo fu però causa di notevoli difficoltà. Nonostante la stessa fede in Gesù, erano tuttavia separati da stili di vita differenti. Sorsero vivaci discussioni, per esempio, a proposito della necessità degli etnico-cristiani di sottomettersi all'osservanza della Legge di Mosè, problema questo che fu la causa del Primo Concilio di Gerusalemme (cfr. Gal 2, 1-ss).

Fra le altre cose, non sempre i rapporti tra i credenti erano improntati all'amore e all'aiuto reciproco, come è testimoniato negli Atti (At 6, 1ss) e in alcune lettere di Paolo, eventi questi che causarono laceranti divisioni che misero a rischio l'esistenza delle comunità (cfr. 1 Cor). Problemi e difficoltà nell'annuncio del Vangelo sono presenti anche oggi come nella Chiesa degli inizi. Viviamo anche noi immersi in una società e in una cultura ormai secolarizzata, atea, violenta, edonista e individualista, che rifiuta ogni messaggio che richiami all'amore verso il prossimo e alla salvaguardia del bene comune. Il Vangelo di Gesù ha suscitato perplessità fin dagli inizi del suo ministero pubblico, tanto che molti dei suoi discepoli giunsero ad affermare: “Dura è questa Parola. Chi può ascoltarla?”(Gv 6, 60). D'altronde quando Gesù invia i suoi in missione non garantisce loro il successo, così come non li mette al riparo da fallimenti e sofferenze. Nessun annunciatore del Vangelo ha certezza di riuscita, perché insuccessi e tribolazioni fanno parte dell'opera di evangelizzazione. La fede in un perdente che delude le nostre attese messianiche, in uno sconfitto che ci invita a 'mangiare di lui', a diventare cioè come lui, fa sempre problema. Il Vangelo trova il muro dell'incredulità non solo presso i suoi nemici, ma anche tra i suoi discepoli. L'offerta d'amore di Gesù e l'incredulità dell'uomo hanno una storia antica che tende sempre a ripetersi, soprattutto davanti a quel dono supremo che è l'offerta totale di sé. Sono in gioco due concezioni opposte di Dio e di uomo. Noi, come Adamo, desideriamo essere come quel dio sul quale proiettiamo il nostro egoismo, con la brama di avere, di potere e di apparire. Gesù, invece, ha il volto dell'amore che si traduce nel servizio, nella condivisione e nell'umiltà. Sia per i nemici di Gesù che per noi suoi discepoli, la croce rappresenta sempre il fallimento estremo, il capovolgimento dei nostri sogni messianici. Patiamo questo scandalo, sempre esposti come siamo alla tentazione del rinnegamento e del tradimento.

Come Pietro, come Giuda.

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