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Formatori all’opera in seminario Riconoscere, interpretare e scegliere

I giovani vivono in un contesto che si lega a termini come complesso, mobile, fluido, incerto, vulnerabile, flessibile, precario, e tutto ruota intorno a situazioni di multiculturalità e multireligiosità e queste variabili rappresentano sia una sfida che un’importante opportunità. Da qui nasce il delicato compito dei formatori: accompagnare i giovani affinché possano intraprendere un cammino di scoperta, di accettazione della vera identità, carico di senso, fonte di pienezza e di superamento della natura conflittuale della vita, aiutarli ad aprirsi alla fiducia nelle proprie risorse e all’accoglienza dell’Altro stimolata dagli atteggiamenti e dalla capacità di uomini di suscitare i desideri di certezza che ognuno porta dentro di sé. Del resto, il desiderio delle nuove generazioni è quello di voler comunicare con persone capaci d’ispirare fiducia, di comprendere i loro sentimenti, di partecipare in modo empatico alle proprie vicende e di cogliere il senso dei problemi che vivono.

Strada privilegiata della formazione è quella di ridare la verità, aiutare a scoprirla, offrire gli strumenti adeguati alla ricerca interna ed esterna, far cogliere la percezione di sé e l’approfondimento della propria esperienza. Il compito dei formatori è ben individuato nell’Instrumentum Laboris che preparò la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (03-28 ottobre2 018) dal tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. La formazione si articola su tre direzioni precise: la fraternità che libera dalla competizione e dall’individualismo, la spiritualità per rimettere sempre al centro la preghiera e l’intimità con Dio e la radicalità che, anche se non sempre sostenuta dalla coerenza personale, è aiutata dal necessario accompagnamento specifico e graduale verso il dono generoso di sé per Dio e per il prossimo. L’accompagnamento vocazionale, che sostiene l’opera del discernimento, avviene per mezzo di tre passaggi: riconoscere, interpretare e scegliere. Riconoscere significa “dare nome” alla grande quantità di emozioni, desideri e sentimenti che abitano in ciascuno. Questi giocano un ruolo fondamentale e non vanno occultati o sopiti. Lo ricordava il Papa: «È importante aprire tutto, non truccare i sentimenti, non mimetizzare i sentimenti. I pensieri che vengono su siano [portati] nel discernimento» (cfr. IL 113). Tutto questo affinché si possa interpretare correttamente l’origine di ogni desiderio. Sulla base di questo lavoro di interpretazione diventa possibile operare una scelta che non è solo frutto delle pulsioni o delle pressioni sociali, ma esercizio di libertà e responsabilità.

Si è consapevoli che i giovani candidati al ministero ordinato vivono nelle stesse condizioni degli altri giovani: condividono le risorse e le fragilità dei loro coetanei. Per questo si propone sempre un cammino formativo capace di liberare la generosità di ogni giovane, aiutandoli a crescere in una profonda coscienza di essere al servizio del popolo di Dio, abbracciando l’ideale della santità per mezzo dell’esercizio delle virtù umane e sacerdotali. Concretamente è di aiuto la testimonianza del cardinale Van Thuân che in carcere rinunciò a consumarsi aspettando la liberazione e fece una profonda scelta: “vivo il momento presente, colmandolo di amore”, e il modo come realizzò questo era: “afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in modo straordinario” (cfr. GE 17). Solo così si ha un’autentica risposta alla chiamata di Gesù che: “invita ogni suo discepolo al dono totale della vita, senza calcolo e tornaconto umano.

I santi accolgono quest’invito esigente e si mettono con umile docilità alla sequela di Cristo crocifisso e risorto” (IL 214).


di don Alessandro Lo Nardo

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