top of page

Il volto della chiesa degli Atti degli Apostoli - Un modello per ogni tempo.

At 2, 46-47: «Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati». Nel brano di At 2, 42-47 Luca ci consegna una icona della Chiesa nascente. Gli esegeti definiscono questo brano con il termine di “sommario” e ritengono che, l’autore sacro, attraverso questa costruzione letteraria, abbia voluto tratteggiare il profilo della comunità cristiana esemplare. In questa icona che Luca ci presenta, non c’è una proiezione di una Chiesa da sogno, ma c’è piuttosto una capacità di tirare le somme per ciò che riguarda i primi passi della comunità delle origini, in particolare della Chiesa di Gerusalemme. Se definiamo questo racconto un quadro ideale, dobbiamo sempre tener conto che l’ideale ha sempre a che fare con il reale. La Chiesa è una realtà storica. Quando Luca scriveva gli Atti, essa era presente in molteplici comunità locali, quale incarnazione e manifestazione visibile dell’unica Chiesa di Dio. Colpisce subito la bellezza di questa comunità e la capacità che ha di attrarre chi osserva da fuori. L’autore con grande maestria si preoccupa di avere anche il punto di vista esterno. Chi ammira la comunità vi resta favorevolmente colpito. Dunque, Luca dice subito che questa è una comunità significativa, capace di attrarre. Essa ha vissuto l’esperienza forte della discesa dello Spirito a Pentecoste e se ne avvertono i frutti. Essi si avvertono non solo in termini numerici («si aggiunsero a loro quasi tremila persone»), ma in termini qualitativi proprio grazie alla presenza dello Spirito e a ciò che il Signore opera. «Erano assidui» (v.42): dopo il Battesimo è necessario che ci sia un impegno per portare avanti l’opera. Gli apostoli sono animati dallo Spirito e hanno voglia di continuare. «Erano perseveranti»: impegno su tutti i fronti della vita del credente: nella istruzione degli Apostoli, nella vita comune, nella frazione del pane e nelle preghiere. Perché erano così costanti nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli (la Didaché)? Perché erano così contenti di ascoltare i discorsi di Pietro? Perché gli Apostoli avevano “mangiato il sale” (Michelini) con il Signore Gesù per quaranta giorni dopo la Pasqua. E quel sale sa di vita, di resurrezione ed attrae. Gli Apostoli non si limitano a ripetere ciò che ha detto Gesù ma sono chiamati ad ammaestrare in situazioni storiche diverse. Essi sono i veri maestri e sono inviati ad istruire nella fede coloro che sono stati battezzati. Alla fine del discorso di Pietro, si sentirono trafiggere il cuore. Se sono assidui è perché qualcosa di grande viene comunicato. Seconda caratteristica dell’assiduità e della perseveranza è la koinonìa, la comunione. Non dimentichiamoci che siamo nella Koinè e Luca è affascinato da questa capacità di mettere insieme ellenismo e giudaismo. Il termine koinonìa, lo aiuta a dare il vero nome a questa realtà nascente. Non è una comunità chiusa ai soli adepti, non è un circolo esclusivo di filosofi, ma è una realtà “nuova”. Nella koinonìà di Luca si intende una comunità capace di intessere rapporti di fraternità con tutti e di andare in soccorso ai poveri. La frazione del pane, è tutto ciò che descrive Paolo nella 1Cor, è l’àgape e anche la mensa eucaristica. È celebrazione ma anche stile di vita: ospitalità, fraternità, condivisione di vita. Spezzare il pane è vita insieme, condivisa, che non si chiude nell’individualismo ma che si esprime nella comunione. La preghiera, infine, caratterizza la comunità in tutti i tempi: preghiera in tempo di persecuzione, quando occorre prendere delle decisioni, quando si deve ringraziare Dio. Nel sommario ricorre spesso la parola “insieme”. Stavano insieme e riuscivano anche ad andare d’accordo. Un sentire comune pur nelle differenze. Leggere gli Atti degli Apostoli vuol dire “andare a scuola di sinodalità”. Al termine del suo sommario, Luca ci parla di un “accrescimento” della comunità, mentre noi viviamo in un tempo in cui siamo chiamati a recuperare la bontà dell’essere minoranza. In questa comunità degli inizi che si sviluppa, che germoglia, noi dobbiamo recuperare la bellezza della novità nella piccolezza e di una disponibilità a non essere una massa ma ad essere comunità domestica piccola o grande, come il Signore vuole, ma che non si preoccupa del numero ma di ciò che fa il Signore attraverso il suo Spirito. Ciò permetterà alla comunità cristiana di essere ancora significativa per questo tempo e per questa storia.



di Fabio Cattafi

Comentarios


bottom of page